Oggi emerge sempre più chiaramente la necessità di coinvolgere l’endocrinologo nella gestione di importanti malattie metaboliche e cardiovascolari, che richiedono un serio approccio multidisciplinare, con particolare riguardo alla prevenzione del rischio cardio-vascolare. I principali fattori di rischio cardio-vascolare (ipertensione arteriosa, obesità, diabete mellito, aumento del colesterolo e dei trigliceridi circolanti) e numerosi eventi cardio–vascolari come l’infarto del miocardio o l’ictus cerebrale, sono determinati o aggravati in moltissimi casi da disfunzioni di tipo endocrino.
Interferenti endocrini: nell’ambiente si diffondono con sempre maggiore frequenza particolari categorie di sostanze chimiche o naturali, in grado di interferire negli equilibri degli ormoni sessuali e di determinare effetti nocivi a vari livelli sulla salute degli esseri viventi. Una delle conseguenze più gravi ed imprevedibili di questo fenomeno è la potenziale interferenza di tali sostanze, definite “endocrine disruptors” (ED), con il sistema endocrino e le capacità riproduttive, sia negli animali che nell’uomo. Una volta dispersi nell’ambiente, questi composti non si degradano e penetrano nell’organismo attraverso la cute, le mucose, l’apparato respiratorio o per via orale. “Pur se nati con scopi diversi –ha spiegato il Dottor Garofalo -, come additivi delle plastiche, pesticidi, fitofarmaci, ecc, casualmente hanno la capacità di bloccare l’azione degli ormoni, in particolare gli androgeni, una volta nel corpo”. “Gli interferenti endocrini – ha aggiunto il Dottor Garofalo – agiscono durante lo sviluppo sessuale che inizia nel grembo materno e si conclude intorno ai vent’anni, con fasi più o meno intense. Contrastano l’azione degli ormoni sessuali, frenano tutto il processo di sviluppo sessuale e influenzano anche il comportamento.Gli interferenti endocrini agiscono anche come agenti mutageni, sono, cioè, in grado di modificare il DNA o la sua espressione, la cui parte più dinamica, l’epigenoma, viene continuamente indotta, modulata e trasformata dall’ambiente.
Esporre costantemente il nostro DNA ad un inquinamento sempre maggiore, in particolare a metalli pesanti, a particolato ultrafine, agli idrocarburi aromatici, al benzene, alle diossine, ai cosiddetti distruttori endocrini, nel lungo periodo modella l’epigenoma e crea le basi per determinare quelle mutazioni genetiche che poi provocano particolari tipologie di tumori. La prevenzione, dunque, assume un ruolo fondamentale: da un lato bisognerebbe avere maggiore attenzione all’inquinamento ambientale, in particolar modo nelle città; dall’altro si dovrebbe limitare l’esposizione delle mamme in gravidanza, soprattutto per salvaguardare la qualità di vita e l’assetto (epi)genomico delle generazioni future”.
fonte: liquidarea
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